Giuro, è colpa di Virginia Woolf

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Lo so. So che non vi aspettavate di rivedere nero su bianco di nuovo quello che scrivo, ma eccoci qua, o meglio, eccomi. L'ozio, il caldo, la gioia svincolata da scadenze terrificanti e una buona dose di scazzo mi hanno condotto ad accendere il computer e ammorbarvi. Motivazione reale? Non pervenuta. Generalmente metto in moto il cervello per giorni prima di trovare qualcosa di minimamente sensato per cui dedicare un po' di tempo alla scrittura, ma questa volta avevo solo bisogno di scrivere, così, armata di occhiali e playlist del disagio son partita. Potreste dire "ma perchè non scrivi sul tuo taccuino e ci lasci in pace?" e io potrei rispondere che non sono affaracci vostri, ma sono una ragazza a modo (in qualche dimensione parallela) e non lo farò. A volte, specialmente dopo una sessione intensiva di lettura, mi capita spesso di avere un bisogno incontrollato di scrivere, qualsiasi cosa, ovunque. E' un po' come aver sete dopo una corsa: pur volendo, non se ne può fare a meno, non perché si vada in contro alla morte, ma per far funzionare meglio le cose. Come vi avevo già detto, sono appena uscita dalla sessione d'esami più stressante e stancante di sempre, una di quelle situazioni in cui non facevo altro che ripetermi "Dopo questo esame..." seguito da mille cose più o meno probabili. La prima, tra tutte quelle, era sicuramente rimettermi in pari con i circa ottanta libri comprati e mai aperti per colpa dello studio. Sì, anche io generalmente credo che il tempo per leggere si trovi sempre, ma ditelo alla me completamente fuori di testa di dieci giorni fa, come minimo avreste riportato lesioni permanenti. Torniamo a noi. La lettura mi mancava tanto, appunto per questo ieri mi son svegliata presto (sì, il primo giorno senza sveglia, non sono brava nemmeno a oziare) e ho letteralmente divorato "Una stanza tutta per sé" di Virginia Woolf, finito giusto qualche ora fa. Che dire? Io adoro Virginia Woolf, non solo perché siamo nate lo stesso giorno e perché la capisca come fosse una sorella vissuta quasi un secolo prima, ma perché io non sia mai riuscita a trovarla banale. In un mondo dove ormai spopolano romanzetti con in copertina le parole "Tiffany" e amenità affini è molto facile divinizzare la Woolf se si ha un minimo di gusto, a mio - sindacabilissimo - parere. L'opera che ho letto in questi due giorni non è un romanzo, è un saggio, anche se non nel senso canonico del termine. Il romanzo, però, c'è nella misura in cui il tema centrale è proprio quello delle donne e il romanzo, un'analisi che parte dalla prima letteratura inglese fino ad arrivare "all'emancipazione" letteraria femminile che vive la Woolf stessa. La sua idea è quella che ogni donna, che voglia intraprendere la carriera di scrittrice, dovrebbe avere una piccola fortuna e una stanza, appunto, tutta per sé. Quello che mi ha stupita, a parte l'analisi lucida, brillante e sagace, è che tutto ciò che ho letto è tutt'ora attuale. La figura femminile, seppure si sia chiaramente evoluta in cento anni di storia, è ancora "l'animale forse più discusso dell'universo"
Gli uomini continuano a scrivere sulle donne, l'unica differenza è che oggi anche le donne si arrischiano in un territorio sconosciuto, cioè quello maschile, scelta che non condanno assolutamente, anzi, col giusto approccio sarebbe l'optimum, ma purtroppo, soventemente, quello che emerge è un punto di vista non troppo distante dal suo antesignano (ovviamente nel nostro caso riferito al sesso maschile) quale "Inferiorità mentale e fisica delle donne" citato dalla Woolf. Il nocciolo della questione è che scrivendo si dovrebbe mettere da parte il proprio essere uomo/donna, occorrerebbe far collidere questi universi in modo bilanciato e poi partire con la penna o la tastiera. Certo, nel caso di un blog, un diario e robe affini questo ragionamento è poco fattibile, ma nella narrativa intesa come vero e proprio genere letterario, beh, perchè no? Perché non ascoltare Virginia Woolf?